“PILLS”: la pratica curatoriale

“PILLS”: La pratica curatoriale 

“PILLS”: La pratica curatoriale è un articolo che ci propone un esempio concreto e alcuni suggerimenti pratici da seguire.

 

Quando Andrea Lissoni ha deciso nel 2012, insieme all’artista argentino Tomás Saraceno, di occupare con un’enorme installazione site specific la parte più alta del “Cubo”, l’ampia sala del Pirelli Hangar Bicocca di Milano dove confluiscono le Navate, realizzando delle  membrane fluttuanti, trasparenti ed elastiche su cui il pubblico poteva camminare, sospeso a decine di metri d’altezza, è stata compiuta un’operazione curatoriale d’incredibile rilevanza, sotto più punti di vista.

 

Per realizzare la complessa struttura, suddivisa su tre differenti livelli praticabili, sono stati coinvolti professionisti di ambiti diversi: scienziati, ingegneri, il personale di un’azienda produttrice di materiali aerostatici e addirittura studiosi del Massachusetts Institute of Technology, presso cui l’artista si trovava, in quel momento, in residenza.

 

Il titolo della mostra, On Time Space Foam, invece, fa riferimento a un’espressione coniata dal fisico inglese Paul Davies su un concetto della teoria quantistica secondo cui delle particelle subatomiche, in rapidissimo movimento, sarebbero in grado di provocare dei mutamenti della materia spazio-temporale.

L’operazione artistica di Saraceno studiata appositamente per Hangar era, inoltre, parte di un progetto più ampio e in progress, che si prefiggeva di dare forma a una serie di piattaforme sospese, abitabili ed ecosostenibili sparse in musei, istituzioni e città di tutto il mondo. Centinaia e centinaia di persone hanno visitato questa mostra così particolare ed eccentrica, decidendo di osservare dal basso le membrane sospese, vedendole modellarsi con il peso delle persone, oppure salendo direttamente sulla struttura, vivendo direttamente l’opera con la possibilità, ad ogni salto, passo o movimento, di mutarne l’aspetto.

 

Il curatore inoltre, Andrea Lissoni, ha organizzato durante il periodo di apertura della mostra importanti conversazioni e momenti di dibattito e di riflessione con personaggi internazionali di spicco della cultura e della scienza, come il filosofo e antropologo Bruno Latour, aggiungendo significati, chiavi di lettura e interpretazioni a ciò che lui e l’artista avevano già costruito insieme durante la fase di ideazione e progettazione dell’opera.

 

Perché dunque On Time Space Foam può essere considerata un’operazione curatoriale di successo?

Perché il curatore è riuscito a rimanere perfettamente coerente con la ricerca dell’artista e con il suo percorso, pur coinvolgendo nuove personalità tangenti al mondo dell’arte, da scienziati a filosofi, che hanno contribuito in vario modo alla lettura dell’opera. A questo si aggiunge il fatto che Lissoni con l’artista abbiano effettivamente lavorato sullo spazio di Hangar per realizzare un’opera che è a tutti gli effetti site specific, studiata per quel luogo.

La terza componente fondamentale di On Time Space Foam è senza dubbio quella esperienziale: ossia il pubblico non si limita ad osservare, ma diviene parte dell’opera e può con il proprio corpo modificarla e quindi aggiungere dei significati, al di là e oltre il controllo e la volontà dell’artista e del curatore. In questo caso non si tratta di una semplice interazione con l’opera, ma il pubblico attraverso di essa ha modo di ampliare il proprio universo percettivo o mettere in discussione le modalità di percezione.

 

Con On Time Space Foam, dunque, Lissoni è riuscito a esemplificare l’essenza del ruolo del curatore che, come afferma la parola italiana (stessa radice anche in inglese con il termine curator), deve “prendersi cura” dell’artista, delle opere e della realizzazione della mostra dal primo fino all’ultimo istante, seguendone ogni aspetto, da quello più puramente artistico e critico, come l’ideare il concept e creare un percorso espositivo organico, fino alle responsabilità più pratiche, come la gestione delle spese e del budget di mostra.

La figura del curatore è molto simile, per certi aspetti, a quella del regista e dello sceneggiatore allo stesso tempo: non è direttamente presente sulla scena e non è lui il protagonista, ma è una figura fondamentale perché gestisce tutte le operazioni in modo tale che l’artista e la mostra ottengano maggior visibilità e risultati possibili.

 

È un lavoro molto complesso perché sfaccettato, a metà tra l’artista e il pubblico, che richiede molteplici abilità, anche e soprattutto relazionali, e per la quale è necessario avere una vocazione. È un lavoro che in Italia ha ancora i contorni sfumati: non esiste infatti un percorso di formazione univoco per diventare curatore, né un albo che identifica questa categoria di lavoratori. Si può, tuttavia, intraprendere questo percorso attraverso differenti vie: sicuramente una laurea triennale o magistrale in ambito artistico, letterario, filosofico, affiancate talvolta a un dottorato di ricerca.

Oppure c’è la possibilità di seguire dei corsi di curatela più specifici, come quello universitario in Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera, o alcuni corsi privati, comunque validi, come CAMPO, promosso dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino.

 

Fondamentale è l’esperienza sul campo

Mettersi in gioco fin da subito sotto il punto di vista pratico, provare a curare piccole mostre ed eventi, crearsi una cerchia di artisti che hanno una ricerca e una modalità espressiva attinente ai propri interessi e, se si ha la possibilità, diventare assistente di un curatore già professionista.

Infine, per diventare curatori è  necessario preservare intraprendenza, dinamismo, curiosità e creatività.

 

“PILLS” DEL CURATORE
Cosa fare:

 

Ascoltare l’artista. Seguire e rispettare la sua ricerca;

 

Creare un percorso organico e coerente delle opere in mostra;

 

Aggiungere nuovi orizzonti di significato alle opere e dare nuove chiavi di lettura/interpretative;

 

Stimolare l’immaginario visivo dello spettatore;

 

Occuparsi del testo critico, inserendo l’artista e la sua ricerca in un contesto storico-artistico più ampio;

 

Favorire l’interdisciplinarietà e l’intreccio dei saperi, coinvolgendo personalità non direttamente collegate al mondo dell’arte;

 

Gestire le attività per il pubblico all’interno della mostra, come dibattiti, visite guidate, proiezioni ecc.;

 

Promuovere le relazioni con i musei, le istitituzioni, gli eventuali collezionisti;

 

Fare scouting di nuovi artisti;

 

Cosa evitare:

Assumere il ruolo dell’artista o sostituirlo.

 

 

Articolo a cura di Lara Gaeta, Curatrice d’arte che ha collaborato alla genesi di ARP – Master “Il Consulente in Arte Professionista”.

 

Lara Gaeta

Curator at aA29 Project Room Gallery

Specialist in Art and Ecology