Economia dell’arte contemporanea: 3 punti d’attenzione
Economia dell’arte contemporanea: 3 punti d’attenzione.
A cura di Francesca Baboni Storica e Critica d’arte, fondatrice e curatrice del Combat Prize:
Parlando di arte contemporanea, poniamo l’attenzione su questi 3 punti che rendono necessaria la figura del consulente di settore per porre opportune attenzioni e compensare una presenza latente e opaca di regolamentazione:
1) BRAND
Nell’economia dell’arte contemporanea è molto importante il brand.
Nell’arte contemporanea non sei “nessuno” se non sei brandizzato.
Un branding di successo produce la “brand equity”, il prezzo in più che si è disposti a pagare per un prodotto di marca rispetto ad un prodotto generico.
Quando un artista è brandizzato, il mercato tende a legittimare ogni cosa egli produca. Quando un artista è di moda il concetto di domanda e offerta viene a saltare e se espone in un importante museo avrà un prezzo maggiore grazie alla sua provenienza.
2) MODELLI DI CONSUMO
Il bisogno di collezionare è autoaffermazione della propria personalità attraverso la materializzazione dei beni artistici che rappresentano un desiderio.
Propongo qui 4 modelli di consumo :
- a) legato a motivi di interessi culturali e di carattere estetico ed emotivo
- b) bisogno decorativo per arredare
- c) per investimento
- d) prestigio sociale
La domanda di un bene d’arte è condizionata da un vincolo di reddito spendibile messo a budget, dal livello d’istruzione e mercati finanziari.
Ci può essere anche una compulsività che fa aumentare il tempo dedicato al consumo di arte o abitudine rispetto al consumo.
Generalmente il collezionista medio appartiene al mondo dell’alta finanza o dell’imprenditoria, con reddito e patrimoni molto alti, con istruzione alta e propensione all’edonismo.
Le opere d’arte si trovano nel cluster hard luxury assieme ad altri beni come orologi, automobili di lusso, jet privati e yachts. L’arte si trova all’apice della piramide.
3) INDICATORE ECONOMICO
Nel mercato finanziario la domanda e l’offerta di un determinato titolo si incontrano e si aggiustano per condurre alla determinazione di un prezzo che sarà rappresentativo dello stato attuale del mercato.
Nel mercato dell’arte avviene esattamente l’opposto: ogni oggetto scambiato è caratterizzato da un forte grado di unicità e di conseguenza rarità, determinando una situazione disomogenea. Un’opera d’arte può essere quindi un indicatore economico.
In secondo luogo, l’elevato numero degli agenti che operano nel mercato finanziario, fa sì che il prezzo venga determinato in un regime che potremmo definire di concorrenza quasi perfetta.
Nel mercato dell’arte, invece, il numero di venditori è molto limitato.
Un’altra differenza tra i due investimenti è riscontrabile nella periodicità delle transazioni: mentre nei mercati finanziari i titoli vengono negoziati quotidianamente, la vendita delle opere d’arte, specialmente attraverso il meccanismo delle vendite all’asta, è concentrata in alcuni periodi dell’anno, in particolare in primavera e in autunno.
Per quanto riguarda il reddito, esso è difficilmente calcolabile quando si tratta di investimenti in opere d’arte. Le opere d’arte non producono rendimenti periodici.
Per questa tipologia di investimenti infatti il rendimento è unicamente calcolabile al momento della vendita, e sarà pari al prezzo di mercato dell’opera.
Inoltre vi è una significativa differenza riguardante la trasparenza e l’informazione nei due mercati: nei mercati dei titoli i prezzi sono conosciuti e divulgati al pubblico, gli scambi artistici invece sono caratterizzati da assenza di trasparenza, e le informazioni, come il prezzo delle opere o il loro valore, sono divulgate solamente in rare occasioni, come ad esempio durante le aste attraverso la pubblicazione del catalogo.
Economia dell’arte contemporanea: 3 punti d’attenzione.
Articolo a cura di Francesca Baboni.
Francesca Baboni, Fondatrice e Curatrice del Combat Prize,
è formatrice del MODULO 2 – Economia dell’Arte Contemporanea
nel Master ARP Il consulente in arte,